Andromaca, Vienna, van Ghelen, 1724

 ATTO QUINTO
 
 Quartieri de’ Greci.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERMIONE, ORESTE
 
 ERMIONE
 Tutto sia pronto. A l’opra
 basta un’ora e a la fuga. Io questa abborro
 terra fatal. Tu mi sarai compagno.
 ORESTE
 Fuggir, perché? Si parta.
1150Pirro vi assente e Pirro a me ti cede.
 ERMIONE
 E questo ancora? Ei qual poter, qual dritto
 tien su Ermione sprezzata?
 Ella, sì, partirà ma vendicata.
 ORESTE
 Sento i tuoi torti. Argo, Micene, Sparta
1155uniremo a punirli.
 ERMIONE
 Restar qui, vendicarci e poi partire,
 ciò ne convien. Lunga ed incerta guerra
 non fa per me. Va’. Corri
 al tempio. Svena...
 ORESTE
                                     Chi?
 ERMIONE
                                                 Pirro. E lo svena
1160ad Andromaca in braccio.
 ORESTE
                                                 Io svenar Pirro?
 ERMIONE
 Che? L’amor tuo vacilla o ’l tuo coraggio?
 ORESTE
 Non coraggio od amor, virtù ne trema.
 ERMIONE
 Colpa non è punir un empio.
 ORESTE
                                                       Eh, siamo
 i nemici di lui, non gli assassini.
 ERMIONE
1165Vani riguardi. Il colpo
 giustifico, se ’l chieggo.
 ORESTE
 E nel tempio?...
 ERMIONE
                                Un amore,
 che assai vuol meritar, meno ragiona.
 Ma se ti manca ardir, dammi i tuoi fidi;
1170unirò i miei. Tentar può Ermione e farlo,
 ciò che non vuole Oreste.
 ORESTE
                                                Oreste vuole
 ubbidirti o perir. Tutto gli è gloria.
 Mia cara, addio.
 ERMIONE
                                 Mio forte
 campione, addio. Torna nel sangue intriso
1175di quel vil traditore; e son tua sposa.
 ORESTE
 
    Sì bella mercede
 rinforza il valore;
 ma scema a la fede
 il pregio e l’onore.
 
1180   Quand’anche ogni spene
 togliessi al mio core,
 saria mio gran bene
 morir per tuo amore.
 
 SCENA II
 
 ERMIONE e poi ANDROMACA
 
 ERMIONE
 Or vanne e de’ miei scherni,
1185perfido re... Che veggio!
 Andromaca ad Ermione?
 ANDROMACA
                                                 Egri pensieri
 a disgrado del cor movono il piede.
 ERMIONE
 Una rival dolente è un dolce oggetto.
 ANDROMACA
 Godon de’ mali altrui l’alme volgari.
 ERMIONE
1190Tu sei l’amor di Pirro, io ’l suo rifiuto.
 ANDROMACA
 Io non t’invidierei tanta fortuna.
 ERMIONE
 Qual violenza e forza al tuo gran core!
 ANDROMACA
 Adattarsi al destin spesso è virtude.
 ERMIONE
 Già so quanto tu sia nemica a Pirro.
 ANDROMACA
1195Che si può far? Tra i giri de le cose
 varian anche gli affetti.
 ERMIONE
 La vedova di Ettorre un raro esempio
 verso il morto suo sposo era di fede.
 ANDROMACA
 Aspetta d’esser madre; e alor ragione
1200mi saranno i tuoi scherni.
 ERMIONE
 Non vo’ più ritenerti.
 Pirro, il figlio d’Achille,
 per cui vedova sei...
 ANDROMACA
                                       Mi attende al tempio.
 ERMIONE
 Felice nodo! Almeno
1205esserne spettatrice Ermione possa.
 ANDROMACA
 Giust’è. Doveva Ermione esserne parte.
 ERMIONE
 Ma que’ veli lugubri
 mal competono a sposa.
 ANDROMACA
                                              Eh! Poco nuoce
 al giubilo de l’alma il nero ammanto.
 ERMIONE
1210Povera Ermione! A te gramaglia e pianto.
 
    Non tanto insuperbir. Cresce in gran fiume
 anche quel ruscelletto;
 e quel torrente altier si rompe in sassi.
 
    Spande pianta i gran rami oltre il costume,
1215che poi, percossa o guasta
 da fulmine o da tarlo, arida stassi.
 
 SCENA III
 
 ANDROMACA e poi ELENO
 
 ANDROMACA
 Quanto mal de l’interno
 si giudica dal volto. Ombra del grande
 Ettore mio, non ti turbar. De l’opra
1220maturi il fine e sta’ nel tuo riposo.
 ELENO
 La fortunata Andromaca non sdegni
 ch’Eleno l’infelice,
 pria ch’ella scioglia a miglior cielo e lido,
 l’ultimo addio ne prenda.
 ANDROMACA
1225Qual linguaggio è cotesto? E quale addio?
 ELENO
 Sinché fra le sciagure a te mia fede
 esser util poté, prove ne avesti.
 Grazie agli dii. Cessan tuoi mali. Un altro
 padre avrà il figlio tuo. Tu un altro regno.
 ANDROMACA
1230Sì, un altro regno e un’altra vita ancora,
 se tal chiami il sepolcro.
 ELENO
 Deh! Che parli di morte?
 ANDROMACA
 Odimi. A tua amistade,
 qual ne la lieta feci e ne l’avversa
1235fortuna, apro il mio core.
 ELENO
 Già ’l funesto del volto assai mi dice.
 ANDROMACA
 E credi tu che io voglia
 quello sposo tradir, per cui sol vissi?
 T’inganni. In faccia a’ numi
1240io giurerò d’esser consorte a Pirro.
 Ei giurerà d’esser sostegno al figlio.
 E lo sarà. Feroce ma sincero
 non mi lascia morir con un ingiusto
 timor de la sua fede.
 ELENO
1245E pur ritorni a ragionar di morte?
 ANDROMACA
 Non sì tosto a lui data avrò la destra
 che questa destra istessa, (Traendosi di seno uno stile)
 con l’acciar che tu vedi,
 troncherà di mia vita i brevi giorni
1250e forte adempierà la mia virtude
 ciò che esige da lei
 Andromaca, Astianatte, Ettore e Pirro.
 ELENO
 O mal peggior del già temuto! Eh! Lascia...
 ANDROMACA
 No. Tutto è vano. Ho stabilito; e s’ora
1255in te posso sperar pietà d’amico,
 due prieghi a te ne porgo: il far che Pirro,
 memore di sua fede, ami il mio figlio
 e che il mio figlio qual suo re l’onori.
 Ei non pensi a vendette, a Priamo, a Troia.
1260Saggio sia più che forte;
 ed a’ suoi genitori
 abbia egual la virtù, miglior la sorte.
 
    Lascio un amico in te.
 Un difensor nel re lascio al mio figlio.
1265Candida intatta fé reco al mio sposo.
 
    Finisco di soffrir.
 Questo non è morir, per me è riposo.
 
 SCENA IV
 
 PIRRO ed ELENO
 
 ELENO
 O generosa, o misera regina!
 PIRRO
 Eleno, a’ miei contenti
1270volea opporsi fortuna. Il fiero Oreste,
 da Ermione spinto, esser dovea nel tempio
 l’omicida di Pirro.
 Me ignaro, e ben tel dissi,
 ordir non si potean trame in mio danno.
1275Son disposti i ripari. A lui l’ardire
 verrà meno o la forza. Avrei su entrambi
 ragion ma in quella il sesso
 rispetto, in questo il padre. Assai di Ermione
 mi vendica il suo sprezzo, assai di Oreste
1280il disonor de l’assassinio enorme.
 Non si funesti il dì de le mie nozze
 con l’altrui sangue. Andiamo.
 ELENO
 Ah! Non fur mai nozze più infauste, o sire.
 PIRRO
 Temi per Astianatte? Ulisse è padre
1285e sa chi è Pirro. Andiamo.
 ELENO
 Né mai sparse fur l’are
 di sangue più innocente.
 PIRRO
 Non intendo. Che parli?
 Andromaca m’inganna? O vuol tradirmi?
 ELENO
1290No, signor. Fino a morte
 l’avrai fida e consorte.
 Ma... Il dirò pur, che dirlo
 deggio, onde tua virtù le sia in soccorso;
 ma la sua morte vedovo e dolente
1295ti lascerà a l’altar. Sarà a sé stessa
 vittima e sacerdote. Altro consiglio
 non vuole e le due estreme
 voci per lei saranno Ettore e ’l figlio.
 PIRRO
 O fulmine che abbatte ogni mia spene!
1300O a me ingrata! O a te iniqua
 Andromaca! E fia ver? Torle di mano
 saprò quel ferro e del morir la via.
 ELENO
 Una non basta, tutte
 non puoi, che a chi vuol morte
1305tutto impedir si può, fuor che la morte.
 PIRRO
 Che farò?
 ELENO
                     T’apre il cielo
 con che oscurar le tue, con che di Achille
 le glorie andate. È tempo, o re, d’un grande
 atto che illustri tua memoria e vita.
1310Mille rischi d’intorno
 stanno al tuo amor. Cader d’Ulisse il ferro
 può su Astianatte, il tuo
 sopra il figlio di Ulisse. Oreste è armato
 dal comando di Ermione.
1315Ermione dopo lui la Grecia tutta
 metterà in armi. Vinto o vincitore,
 il tuo Epiro arderà di civil guerra.
 Tanto avverrà, s’anche il tuo amor fia lieto.
 Ma Andromaca nol vuole. A me vederla
1320par nel suo sangue involta, in braccio a Pirro
 cader. Qual per te alor pena e rimorso!
 Ne taccio il più; ciò che far dei pur taccio.
 Meglio il dirà la tua grand’alma; o meglio
 l’udrai dal divo Apollo, onde fui spinto
1325a parlarti così. Vuoi? Core e hai vinto.
 
    A grand’alma per vincer amore
 sol basta voler;
 e ragione reprime i sospiri.
 
    Se a l’arbitrio, che è dono del cielo,
1330mancasse il poter,
 non sarebbe che aggravio del core
 e vil servo di sciocchi desiri.
 
 SCENA V
 
 PIRRO
 
 PIRRO
 Che fo? Qual laccio deggio
 scioglier? Qual raggruppar? Lasciar colei,
1335mia lunga spene e mio vicino acquisto,
 per poi sposar la dispettosa Ermione?
 No, ripugna l’amor, gloria dissente.
 Oreste, Ermione, Ulisse
 diran: «Noi Pirro alfine
1340abbiam fatto tremar, l’abbiam costretto.
 Per Briseida così non fece Achille».
 Perfidi! Non avrete
 questo trionfo. Sposerò... Ma, o nozze
 lugubri e quali Ermione
1345le vorrebbe ed Ulisse!
 Qual cor del mio fu più stracciato? In cento
 pensier mi aggiro e resto e torno e parto.
 Veggo Andromaca esangue... Ah! Questo, questo
 vincerà alfine. Andiamo, o Pirro, e s’anche,
1350perdendo il caro oggetto,
 ne freme amor, rispondi: «In sì ria sorte,
 se nol cede virtù, mel toglie morte».
 
    Anche il giorno abborrirei,
 in mirar que’ lumi spenti
1355che sì bei formar le stelle.
 
    E se ben di sdegno ardenti,
 pregio sempre è di mia fede
 dir che amai luci sì belle.
 
 Tempio di Apollo.
 
 SCENA VI
 
 ERMIONE e ORESTE
 
 ERMIONE
 A mia vendetta mancherebbe, Oreste,
1360un gran piacer. Vengo a goderne io stessa.
 ORESTE
 E da’ tuoi lumi io prenderò un ardire
 che fuor de l’uso a me venia già meno.
 ERMIONE
 Mi dice l’alma un non so che di lieto
 che mi consola.
 ORESTE
                               E un non so che la mia
1365d’infausto...
 ERMIONE
                         Taci. Ecco a noi Pirro e seco
 Andromaca, i due figli e ’l greco stuolo.
 
 SCENA ULTIMA
 
 TUTTI
 
 PIRRO
 Prenci, in ciascun di voi tacciano alquanto
 pensier funesti e trame inique e sdegni.
 Non tue minacce, Ulisse,
1370non tue congiure, Oreste,
 sovra Pirro han poter. Di questa donna
 la virtù ne ha ’l trionfo. E sposa e madre
 ella m’insegna come amar si debba.
 ANDROMACA
 Eleno, che facesti?
 ERMION
                                     Ah! Siam traditi! (Piano ad Oreste)
 PIRRO
1375Andromaca, or conosci
 Pirro e s’egli era un degno
 d’Ettore successor. Col tuo Astianatte
 vivrai giorni beati; e non l’Epiro
 ma degli Adani il picciol regno è tuo.
1380Tal ei non è che un’altra
 Troia ne sorga a ingelosir la Grecia.
 Eleno verrà teco. A lei tu il figlio
 rendi, Ulisse. Ecco il tuo.
 ULISSE
                                                Ma se d’Ermione...
 PIRRO
 A lei già parlo e a Oreste. E qual indegno
1385pensier vi cadde in mente?... Ah! Si risparmi
 dei due maggiori Atridi,
 nei lor figli, la gloria.
 Ma de l’error la pena avrete; e questa
 sia l’imeneo già ricusato. Ermione,
1390eccomi sposo tuo. Dispetto il volle
 e vendetta n’è pronuba. Il tuo Oreste
 tornerà solo in Argo e desolato
 del tuo non meno piangerà il suo fato.
 ULISSE.
 Erano e Priamo e Troia
1395di Pirro i gran trionfi. Or n’ha un maggiore.
 Oh! Con qual gioia a divulgar tuoi fasti
 si accinge Ulisse! Estinti
 della guerra ecco i semi. Ermione è paga;
 né più nomi saran d’odio o di tema
1400Andromaca e Astianatte.
 Ciò che Pirro prescrisse
 Grecia vorrà. Mallevador n’è Ulisse.
 PIRRO
 Ma che risponde Ermione? (Si avanza verso Ermione)
 ORESTE
 Deh! Che farai?
 ERMIONE
                                Il dover. (Ad Oreste) Qui già da Sparta (Avanzandosi verso Pirro)
1405venni, o signor, per esser tua. Sprezzata,
 n’ebbi smania e furor. L’istesse offese
 ti provano il mio cor. Se men pregiato
 ti avessi, reso avrei sprezzo per sprezzo.
 Ma grave m’era il perderti. Or tua sono
1410e in tuo favor fo un nuovo sforzo... Il sai. (Guardando Oreste)
 Tu giusto a me sarai;
 e un dì queste, che or sono
 nozze a noi di dispetto e di dolore,
 ne saran di concordia e poi d’amore. (Si rimette nel mezzo a fianco di Pirro)
 ORESTE
1415Va’. (Confidati in donna, amante core).
 ANDROMACA
 Io non credea che in terra, Ettore estinto,
 fosse virtù rimasta.
 Ma ne la tua, gran re, scorgo il mio inganno,
 soprafatta così che, se in quest’alma
1420non vincesti l’amor, vinto hai lo sdegno.
 Memore de’ tuoi doni,
 farò voti per te; faralli il figlio;
 né in avvenir sarai
 per le sciagure mie solo immortale.
 PIRRO
1425Andromaca... A le navi
 vele apprestinsi e sarte.
 Troia fuggiam, sempre funesta a Pirro.
 ELENO
 Sereno è ’l ciel. (Chi più di me è felice?)
 TELEMACO
 Han pur fine, Astianatte, i nostri affanni.
 ASTIANATTE
1430Tu solo in me serbasti anche la madre.
 EUMEO
 Quante in un dì vicende or liete or meste!
 ULISSE
 Non più indugio. A le navi.
 PIRRO
 Tu in Itaca, tu in Argo e noi in Epiro.
 ORESTE
 Ma nel gaudio comun sol io sospiro.
 CORO
 
1435  Dio del lume, amico nume,
 a chi solca infidi mari
 l’onde acheta, i venti affrena;
 e ne reggi ai dolci lari.
 
    A te grati ergerem poi,
1440in baciar la patria arena,
 altri templi ed altri altari.
 
 Ballo di Troiani e di Greci.
 
 Fine del dramma
 
 LICENZA
 
 Ne le romulee carte e ne le argive
 va di Andromaca il nome
 chiaro e immortal. Ma quanto
1445accrebbe al ver l’età lontana e quanto
 la penna altrui che finge
 a suo ingegno gli eroi! Non di te, Elisa,
 direm così. La lode al ver non giugne
 e ne dispera. La presenza e ’l merto
1450arrossir fa l’idea che in sé, per quanto
 ti formi eccelsa, assai maggior ti trova.
 Felice il secol nostro, in cui n’è dato
 esempio di virtù goder sì raro
 che farà invidia a l’avvenire e scorno;
1455e color più felici,
 che in farti de’ lor carmi alto soggetto,
 adorni il crin del più sublime alloro,
 fia che pregio e chiarezza
 più ricevan da te che tu da loro.
 
1460  Tale, augusta, è ’l tuo valore
 che del merto esser minore
 dee la lode o pur tacer.
 
    Vorria amor lodarti appieno.
 Se nol fa, tu ben comprendi
1465che il desio non gli vien meno;
 ma il difetto è del poter.
 
 Fine